lunedì 29 agosto 2011

Inesorabilmente ambita.








Una consueta e pretta bramata meta,

espressione d un mistico simbolismo carnale,

pragmatico ed inevitabilmente cibaria d un insaziato impulso.


Mai soliloquio,

ma connubio di clara concupiscenza.

Simbiosi d’anfratti dall’infattibile rinuncia.

Adorna di femminea natura.

Stillicidio di mancati ebbri sentori.

Vigor mundi,

battistero d’arguti membri.

Naturalità la tua,

munifica estasi,

fonte d' un poetico orgasmo.

Sentor d’umori generanti il mondo.

Implacabile vulva,

aggraziata, contrariata ma sempre inesorabilmente ambita.



( Enrica Meloni)Licenza Creative Commons
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Femminea veemenza.

http://youtu.be/GudIMLtVav8

Esegesi vitale

http://youtu.be/WljFzbPLYzI

venerdì 26 agosto 2011

Ritratto d un conte.

 Fu cosi,





gagliardamente rivolto verso l’orizzonte della politicante lamina.





Scrittoio dal fregio d una storicità,





 istoriata dall’obiettivo dell’espressività.











Sembianza,





 focalizzata nell’obiettivo del mistico scatto.





Magnanima icona dell’imperante seduta.











Simbiosi fra il veduto e lo scorto,





 ove un figurativo connubio dimora tra antichi cartigli.











Intarsi,





 emersi sulla soglia dell’ammirabile.





Austerità d' uno sguardo,





firma d un remoto dominio.











Fortezza dai broccati di balda eleganza.





Aristocraticamente metempsicosi d' una trasfigurata conquista del tempo,





perpetua nel censimento dei grandi che furono.











Ricordi d’icone slanciatesi nei ritratti dell’immortal maestria.





Reminiscenza del poter che fu,





a te nobil conte.





( Enrica Meloni)

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giovedì 25 agosto 2011

Libertario vivere

Candore,

 lattescente e niveo,

 chiaror latente.



Animo dal virgineo imprimere,

 lungi da te barlumi di cupe speranze.



Bagliore,

 onnipresente nitore,

 lascivo bianco nell’etereo del sogno.





Platonica idea,

 lucente nella stasi della quiete.





Sospirata candidezza,

 lodata e bramata,

sfavillante respiro.



Audace silenzio nella verginità della vaghezza.





Tabula rasa,

adorna di quel personal disegno d un libertario agire.







Danza dal passo oltre le norme,

 ma dall’orma fermamente emancipata.







Incorrotto ed illibato universo,

 bianchezza del dato vivere.




                                                       ( Enrica Meloni)

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Turpitudine

Riflessività, oltre un mistico apostolato di convulse remore.

Austera foggia d' una nenia di quel che accadde sulla lettiga del triste perché.

Cupo, tetro, inerpicato pianto, come epifite sulla balaustra del germogliante dolore.



Fiabesco torpore, dal qual ogni tetro orgoglio cadde nei rimasugli d uno spasimo dolente.

Mentalità scossa, ridimensionamento del lugubre risveglio.

Pegno mentale d' un remoto che divien prossimo a ciò che mai si bramerebbe.



Follia, partoriente apatica imperdonabilità.

Sporadica leggiadria nel loculo del triste ricordo.

Sovraumana insonnia di quel che mai scordato sarà.


( Enrica Meloni)
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martedì 23 agosto 2011

Antitesi ed Ossimoro, consueti identici opposti.




L’opporsi, un agire sovente e costante nell’itinere esistenziale, tanto presente quanto spesso di netto stile ed apprezzamento secondo le modalità ed il contesto nel quale questo si manifesta. Comparabilmente alle forme comportamentali effettive, la contrapposizione diviene un elemento peculiare che si riversa raffinatamente anche nei testi scritti, loco predominante nel quale l’eleganza del suo rendersi noto si mostra nettamente valida. L’antitesi, concetto univocamente a se, privo di degni sinonimi, possiede la paternità creativa per eccellenza tra le svariate figure retoriche. Un’accurata analisi del suo costrutto palesa di gran lunga come nella semplicità, sia distintamente capace di riprodurre all’interno di un periodo sintattico un effetto alquanto insolito, dato dall’accostamento di due parole o frasi d’opposto significato. La differenza per quanto sia preminente, gratifica il lettore con un avvincente tono creativo inopinabilmente curioso nella sua bizzarria. Durante la lettura, taluni accostamenti oppositori potrebbero apparire estrosi, nel medesimo tempo rendono un’insolita riuscita del testo proporzionalmente alla stravaganza dell’autore, maggiore è la sua inventiva, paritaria diverrà la validità d’efficacia. Tale figura retorica si presenta in due tipologie, ovvero in veste di contrapposizione tra frasi ed in alcune casistiche anche in opposizione tra parole. Alcuni modelli d’antitesi sono leggibili in diverse opere letterarie, fonti inesauribili di queste acutezze creative. Vedasi la maestria del Carducci “Breve e amplissimo carme, o lievemente co 'l pensier volto a mondi altri migliori l'Alighier ti profili o te co' fiori colga il Petrarca lungo un rio corrente”; (Al sonetto, vv 1-4), palese esempio di come la contraddittorietà esprime una decisiva eleganza sul testo. L’antitesi è da definirsi allegoricamente come la “ genitrice” d’una seconda figura retorica, la quale è denominata Ossimoro, similmente alla prima, la seconda consiste nell’accostare due termini in forte contrasto tra loro. La divergenza consiste nel fatto che l’ossimoro implica che i due termini siano inadattabili ed inconciliabili, con la caratteristica che uno dei due possegga una funzione decisiva nei confronti dell’altro come ad esempio nei casi in cui vi sia presenza di verbo ed avverbio, soggetto e predicato, sostantivo e aggettivo. Spesso l’utilizzo dell’ossimoro diviene necessario nel momento in cui la lingua italiana non preveda l’esistenza d’alcuni termini o vocaboli, o perché le sue regole, vincolate da determinati formalismi debbano contraddire se stesse affinché possano indicare alcuni concetti particolarmente intensi. Giacomo Leopardi nel suo componimento L’infinito ne rileva alquanto professionalmente l’essenza, nettamente espressa al meglio al termine dei suoi versi, ove “E 'l naufragar m'è dolce in questo mare” divenne incontestabilmente un successo poetico d’altri tempi.





Plasmabile nell’assente materia informe,



forgiata nell’ indeformabile clinamen di quel che mai fu.



Generata ed inesistente, fu lei, santificata nella dannazione del creato.











Iraconda e quieta crebbe,



lussureggiante nell’idioma corporeo, attraverso il quale ogni movenza sussisté immobile.



Un dissetarsi siccitoso.











Discepola d’una sterile stirpe, effetto d’una mortal nascita.



Laidezza bonaria d’ogni furba ingenuità.



Bipolare estro dall’eco riverso nel non sense di risposte prive di domande.









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lunedì 22 agosto 2011

Incompresa natura.

Su impervi dissestati pietrami andasti cauto.

Il fulgore del tuo passo annoverò modesti silenzi, carpiti da te tra le fronde mattutine.

Austeramente composito d’illibata boria, t’assestasti nella stamberga dell’attesa.



Compagno d’imperdonabili spingarde, puntasti contro l’ingenua preda.

Mai t’arrendesti al mutismo dei selciati.

Di lauta attesa colmasti le giornate in un avvento dal presumibile e generoso epilogo.



Tu, uomo, decisa azione d un indice diretto.

Vittorioso in battute risonanti d’abbai.

Irremovibile cacciatore, sottovalutato sostegno e manutentore di un’altrettanta incompresa natura.




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Donna isolana.







Tessuto, antiquato nella magnanima preziosità d una loquace identità.

Velami d' una vetusta simbolica femminilità, imperitura esegesi d un palpito inarrestabile.

Plebea eleganza sul far d' una pregnante maestria di gesti nella dolce essenza della quotidianità.




Cromature di materne mani dal sospirato ricamo esistenziale.

Mittente d' una novella grazia, artigiana d’encomiabili pregi.

Vesti dalla flemmatica posa.



Dal camminar composto mai si sollevarono polveri inquiete.

Dai passi tuoi si espanse la firma della dignità.

Figlia d' un focolare mai spento, arso di patrizia moralità, sospirerà di magnificenza nei giorni.





A te donna isolana.




( Enrica Meloni)
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domenica 21 agosto 2011

Nobil sardità.






Integerrima nomenclatura d' un esser immancabilmente sacrale.

Agir nella coscienziosità discorde alle funeste supremazie.

Eco d'un fato a noi pregiato, postere d'un grembo deiforme.




Unisono d'un porsi imprescindibilmente a sè fedele.

Genesi d una spiritual coerenza, impressa sui solchi d'immortali ramadure.
Di maestosa fede vieni assorta nell'insostituibilità dei respiri tuoi.




Magnanima nella collettività dei tuoi poetar.

Adorna di possenti musicalità, ricalchi l'estasi delle animate fronde dei tuoi isolani pregi.

Mai siccitosa di talentuosi virgulti, sii tu nobil sardità.



( Enrica Meloni)
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venerdì 19 agosto 2011

Virtuoso esilio








Tu, pargolo d una borghesia mai sentenziosa d’acerrima eccentricità, diventasti portante fondamenta dell’avvenir designato.
Magistrale esemplarità di dottrina ragionevole andasti insegnando, propugnante d’ideologico sentimento fosti austera speranza per un rural passo ancor calpestato.

Virtuoso rivoltoso nell’intemperie dell’algida feudale egemonia.







Il moto libertario divenne il tuo nobil cantico.

In giorno de Acciappada non potesti che esserne cuor focale ed irremovibile.

Pater dal combattivo braccio, armasti di dignità le genti.







Tu, diatriba sovente d un feudo dall’improprio diritto.
Arcigno verso la decadenza del popolo tuo, fosti icona di quel che ciascun sardo uomo dovrebbe esser.

Moristi esule nella dimenticanza sul suolo del gallico campo, ma la tua virtù permane immoralmente trionfante sul cuor di chi in te credette.


A te, Giovanni Maria Angioy (Bono, 21 ottobre 1751 – Parigi, 22 febbraio 1808)



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mercoledì 17 agosto 2011

Glorifico fato

Di sacrali sponde,

d'un glorifico fato,

si cingeranno
...

le membra del

vissuto.

Privi d'alternativa,

si diverrà

figli dell'avvenire,

al quale

donar

le proprie

umane

virtù.

( Enrica Meloni)

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Una delle più immani forme d'ipocrisia è affermar di scriver per se stessi. Non avrebbe senso alcuno scriver per una mente che conosce già i propri pensieri, per un cuore che li vive singolarmente ed intimamente. Qualora lo si facesse sarebbe aver disistima della fedeltà al proprio Io. L'essenza vitale nasce in noi e vive nella condivisione con l'altrui esser, nascer e morir per sè stessi è il decesso massimo della vitalità, incostruttiva, statica, apparente.


( Enrica Meloni)
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Intervista ad Enrica Meloni per il periodico " S' ARRIU"

http://www.google.it/url?sa=t&source=web&cd=1&ved=0CBkQFjAA&url=http%3A%2F%2Fmovimentica.blogspot.com%2F2010%2F07%2Fla-regione-e-il-ridisegno-dei-poteri.html&ei=AydMTvjZEYPO4QSKvcjVCg&usg=AFQjCNFMGKSUGW7Sm4jCECKXIs1ar8iE0w

Versi, figli di una menopausa compositiva.


L’esegesi del concetto di poesia assume in sé una poliedricità significativa all’interno del suo contesto. Tale tipologia d’arte pone la sua essenza nella circoscrizione d’un fine comunicativo, attraverso la capacità ultima d’una soggettiva espressione morale. La sua peculiarità è data da un trasferimento emotivo attraverso la stesura di testi, che nel loro formalismo debbano esser incisivi sull’esser mediatori tra anima e realtà documentata. Il componimento poetico s’erge sulla base della materializzazione dell’etereità spirituale, il raccontar eventi, si protrae oltre la comunicazione di semplici episodi vitali, e si volge verso un iter di ricerca morale, carpendo lo stato d’animo susseguente a ciò che si è vissuto. La poesia in sé per quanto erroneamente divenga disciplina dall’apprendimento accademico, credo che sia figlia d’innata spiritualità, l’emozionalità ch’essa emana trascende da ogni precetto didattico . Sfaterei il mito dell’insegnamento poetico , secondo il quale la tecnica debba esser strumento di certa comunicabilità. La poesia è in primis sentimento, ed in quanto tale pura moralità, ergo non insegnabile ma carpibile innatamente nella propria sensorialità nell’impatto tra sè e l’ambiente circostante. Qualsiasi sia la tipologia di forma d’ un componimento, non potrebbe mai esser considerata realmente poesia se mancasse di comunicazione emozionale. Personalmente definirei la metrica un far aggiuntivo a ciò che il fine ultimo di tal arte dovrebbe esser e non viceversa. Il poeta dovrebbe esistere ancor prima d’essa e mai l’opposto. Le cadenze ritmiche, assumono un valore opinabile, un contorno puramente estetico che spesso per quanto corredato sia si esenta dall’esser caparbio in suscettibilità morale. Il formalismo compositivo dovrebbe annullarsi nel momento in cui trapelasse l’anima di colui che n’estende gli eventi. Si rammenti infatti che in virtù di ciò, il concetto di “ Licenza poetica” non nasce fine a se stesso né senza logica, ma bensì logicamente sentito al fine di ovviare a tutti quei subordinamenti di regole asentimentali e formalistiche che della poesia ne ucciderebbero il significato in senso lato. Grazie a tal licenze , l’autore ha potuto ritrovar quel libero arbitrio espressivo che la moralità doverosamente consente, non esisterebbe emozione esente da libertà, e per tal motivo lo sconfinar da schematismi d’una forma preposta è stata la via corretta per la salvaguardia della pura natura poetica. L’arte si capacita di raccontar stati d’animo ed in quanto tale la s’indirizza all’animo di chi sublima l’esistenza. Altro punto opinabile è l’elogio dell’ovvio, della scontatezza quotidiana che spesso conduce associando poesia ad un unico contenuto: l’amore, strumentalizzato ed abusato nella pochezza d un significato fondato solamente sull’accezione sentimentale. Personalmente credo che la poesia debba esser madre d un raccontar di vita quotidiana, base sulla quale l’amore si erge, ma all’interno della quale esso assume varianti molteplici e non solamente ed univocamente amorose. Allegoricamente ponendo nelle stesure una sola visuale sentimentale si decadrebbe in quella che io ironicamente coniai come “ menopausa emozionale”, ossia un’infertilità ispirativa basata solamente sul remoto delle nostalgiche emozioni passate e mai producente nel periodo avvenire, verosimilmente ad un’apatia esistenziale, attraverso la quale ciò che si vive non lo si riconosce nell’utilità morale che esso si capacita di donare. La poesia è sinonimo d’esistere, un esserci vissuto nella totalità dei contesti e degli eventi durante e nei quali esso agisce. Essa è un’arte inderogabile, una forma di mediazione tra l’empirico e l’immateriale, che archivia in cartigli amabili ciò che il cuor di chi racconta ha estrapolato come peculiarità di crescita ed esperienza di vita ciò che ha vissuto con intensità d’agire.


                                         ( Enrica Meloni)
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