martedì 27 dicembre 2011

Subliminale catacrési






Per quanto paradossale sia, l’idioma italiano non dispone necessariamente di vocaboli atti ad esprimere particolari concetti o condizioni specifici. Caratteristiche dinnanzi a ciò, sono le soluzioni retoriche capaci di ovviare a tale mancanza, un’autentica assenza terminologica, tempestivamente risolta con delle costruzioni lessicali nettamente efficaci e conformi all’intero contesto sintattico. All’interno della variegata disponibilità di termini, la stessa lingua offre un substrato di concetti utili ad investire l’accezione di sinonimo ad altrettante parole che in realtà non esprimono chiaramente in un solo vocabolo un significato reale. Con il latinismo “ Inopia verborum”, raramente conosciuto, s’intende la carenza di una terminologia valida all’esprimere la specificità di un contesto, situazione, fenomeno, o semplice evento. In virtù di ciò, figure retoriche come la Catacrési rientrano fra le eccellenze esplicative del narrare. La letteratura ne preclude l’utilizzo, allo stesso modo la poesia non ne denigra la funzione, giacché ne rimarca instancabilmente l’uso. La funzione della catacrési spesso rimarca un significato, quasi abusando dello stesso. Non per nulla l’etimologia del termine riporta all’infinito abusare.  L’abuso consiste nell’esprimere un vocabolo oltre le normali convenzioni del suo significato proprio. Modelli frequenti sono leggibili all’ordine del giorno, la vasta produzione poetica non n’è mai esente.  Il patrimonio classico non desta mai di prestarsi ad un cospicuo possesso retorico. Esempi di catacrési possono esser riconosciuti in versi come:





Cade la sera. Nasce
la luna dalla Verna
cruda, roseo nimbo 
di tal ch'effonde pace
senza parola dire.
(G. D'Annunzio, I tributarii, 51-55)





Oppure





[...] Men duro è il male
che riparo non ha? dolor non sente
chi di speranza è nudo?
(G. Leopardi, Bruto Minore, 35-37).





Un’esegesi dei due modelli poetici palesa marcatamente come i due aggettivi: cruda e nudo indichino una specifica condizione inesprimibile in una sola parola. Nel primo caso D’Annunzio strumentalizzò l’attributo “cruda”, affinché potesse rendere chiaro al lettore l’assenza di vegetazione. Evidente come un solo vocabolo fu capace d’esser concetto chiave dell’idea. Allo stesso modo Leopardi intese l’assenza della speranza, attraverso l’aggettivo “nudo”, una nudità non corporea, ma allegoricamente pertinente all’esser privi d’un qualcosa, nel caso specifico d’un possedimento morale.





Non sempre tale figura retorica rappresenta un sinonimo o asside ad un’accezione sincronica, infatti in alcune casistiche assume un tono contraddittorio. Noti esempi come “ avere una brutta calligrafia” o “ orientarsi verso Est” peccano d’un velo evitabilissimo, giacché non avrebbe senso esplicitare un determinato contesto o evento con un aggettivo abbastanza opinabile come nel primo caso, poiché la calligrafia essendo soggettiva non potrebbe mai esser ritenuta né bella né tanto meno brutta, o nel secondo caso in presenza avverbiale (verso), diviene futile l’utilizzo del verbo riflessivo “orientarsi”, l’avverbio contiene già in sé l’implicita azione del dirigersi o dello spostamento.





Gli esempi di catacrési, semplificanti e comunemente noti riguardano fraseologie comuni, come ad esempio: “non stare più nella pelle” o “ritagliarsi uno spazio”. Modi definibili delle particolarità d’umore che in un solo vocabolo non si potrebbero mai render chiare. Anche l’enunciazione d’una determinata parte d’un oggetto potrebbe far ricorso a tale figura retorica, giacché inconsci dell’utilizzo di quest’ultima, il linguaggio comune, seppur ignaro è solito affermar frasi come:


 “ impugno il collo della bottiglia” o “ m’accosto al piede del tavolo”. Entrambe, piccolezze tanto banali quanto ovvie, ma celanti in sé un costrutto poetico a tanti sconosciuto e inimmaginabile.











Girovaghi  nella sterpaglia sterile,


muti di misericordia 2


come vili d’occulti tacere.





Solstizio d’una gravida estate,


di piaceri, turbolenze,


peccaminose malignità. 6





Diseredati dalla culla salvifica,


ricolmi d’un ebano ombroso,


scurirono la nitidezza dell’onestà.





Opaca coscienza,10


turbolenta e variegata di pianti,


frustati dalla verga dell’indignazione.








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sabato 24 dicembre 2011

Cristianità depauperata


Parto,



ermeneutica vitale, ove tu cristianità circoncisa al vissuto



annoveri cardini di dignitoso procedere.



Nascita datata nel ricordo delle convenzioni,



rimembranza come un vassallo dell’adorazione.



Disposta alla riflessione dell’incline inginocchiatoio del mea culpa.



Luminaria del proprio stato,



ego arcaico d’una contorta condotta.



Spirito per sorte distinto,



estinto nella purificazione di quel che dovrebbe,



di quel che forse fu.



Tu, mai sarcasmo ma legge del compiere.



Si, Cristianità depauperata dal Natale che dovresti essere.




( Enrica Meloni)
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martedì 13 dicembre 2011

Esordio silloge poetica " EVENTI IN VERSI"


Enrica Meloni comunica l'esordio della silloge poetica " Eventi in versi", edito da La Rondine Edizioni di Catanzaro. L'uscita è prevista per Gennaio 2012, il testo contiene 50 componimenti poetici, pag.64. Euro 7,00. La poetica della quotidianità annovera eventi d'intensi vissuti d'una società poliedricamente emozionale, mai indifferente all'animo d'ogni Io.

mercoledì 7 dicembre 2011

Dignità paterna





Venerando lascito a te,


 postere dell’inconscio esistere.



Tu, nobil dignità paterna,


 adorna d’ineffabile virtù.



Testamentario


 diviene il verbo tuo di somma elargizione.





Mai, discostasti il tuo agir


 balzando nel nefasto ambire.



A te


furono rivolti gli echi d una prole


solitaria.



Divenisti sacral vincastro


 d’ogni bramato ausilio.







Clemenza,


fattasi magnanima firma sulla mano tua.



Pregno d un remissivo comprendere mai mutato.



Tacita vigoria,


 peculiare,


sovente docile lealtà.





Ogni virgulto dal passo tuo carpirebbe vita.



Esente da spurie smanie,


dirigo a te la stima mia.



Fosti tu


divina elargizione alla mater terrena.





Non vi è distico


 tanto caparbio d’esprimer di te.



Ego dalla costante di mirabile elevatezza.



Denominatore di molteplici


ed irreprensibili ove.





Cantico


all’udir di ciò che i figli tuoi diverranno.



Se sol al pari di te l’immonda stirpe fosse,



alcun ripudio alla quiete esisterebbe.





Mai vane furono le pronunce tue,



giudiziose oltre la deleteria cupidigia.



Uomo


 nella moltitudine ma unico nel suo esistere.



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martedì 6 dicembre 2011

Peccator seriale


Furia oltre la smania dell’incuria.





Avverso pilastro di spasmi maniacali,





tu, plebeo doge,





paradosso effimero





d’un rigurgito esistenziale mai compreso.





Sistemica voce,





lussureggiante nella lussuria dei sensi.





Indosso a te ermellini di superbia,





ancor tu, strascico d’infamia.





Libertino alla sorte,





moribondo durante la morte.





Cadente e stridente boato,





cordoglio malsano nel tuo vacillar lento.





Figlio d’una sifilide magistrale,





fosti tu peccator seriale.



                                        ( Enrica Meloni)

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Il sonetto ( Parte seconda)


Il percorso sulla struttura del sonetto annovera una ramificazione di varianti minori, scarsamente conosciute ma efficacemente stilate nel background stilistico della poetica italiana. Autonomamente ogni tipologia presenta un elemento cardine di base, che ne concede un riconoscimento specifico. Un’esegesi accurata e minuziosa dei testi poetici, riconosce tali variazioni secondarie attraverso un sostanziale conteggio sillabico o ritmico.



Il percorso interno verso la conoscenza di tale componimento ha inizio con la Variazione di Montandrea, la quale circoscrive la sua configurazione compositiva all’aggiunta del distico AB al termine dell’ottava, conformemente presentato con il seguente schema: ABABABABAB CDC DCD. Un secondo tipo di sonetto lo si evince nel Raddoppiato, esso è composto da quattro quartine e quattro terzine con il derivato raddoppiamento delle disposizioni di rime. Uno strumento dialogico non indifferente. Lo schema di riferimento è il presente : AABB AABB AABB AABB CDC CDC DCD DCD. Per quanto concerne la Variante Guittoniana invece, è palese l’aggiunta di due endecasillabi AB al termine delle due quartine a rima alternata e due endecasillabi CD al termine delle due terzine CDC DCD, noto il suo schema, notoriamente reperibile nelle vari manuali: ABABABABAB CDC DCDCD. Una stravaganza stilistica è presente nel Sonetto Retrogrado, la sua lettura avviene iniziando dall’ultimo verso sino a concludere col primo. In realtà un sonetto con schema metrico capovolto in cui si appressino prima le terzine e poi le quartine. Schema reperibile: ACA CAC DEED DEED.



 Nel caso del Sonetto Acrostico invece, emerge una curiosità, ovvero, le iniziali d’ogni verso formano una parola o una frase. La rete è consueta nel presentare come modello di prim’ordine quelli di Boiardo negli Amores, il cui risultato è spesso il nome di  Antonia Caprara, donna amata dallo stesso poeta. Quivi si riporta un frammento esemplare: « Arte de Amore e forze di Natura

Non fur comprese e viste in mortal velo
Tutte giamai, dapoi che terra e cielo
Ornati fòr di luce e di verdura:

Non da la prima età simplice e pura,
In cui non se sentio caldo nè gielo,
A questa nostra, che dell'altrui pelo

Coperto ha il dosso e fatta è iniqua e dura,

Accolte non fòr mai più tutte quante
Prima nè poi, se non in questa mia
Rara nel mondo, anci unica fenice.

Ampla beltade e summa ligiadria.



Nel caso del Sonetto Metrico, detto anche Sonetto semiletterato, si ha una composizione d’un verso il lingua italiana, a sua volta seguito da un verso in latino, il quale spesso è tratto da testi antichi. Il Sonetto Sdrucciolo si presenta abbastanza semplicemente giacché tutti i suoi versi sono sdruccioli. Il Sonetto Tronco, con una compagine di versi tronchi.Il Sonetto Bilingue, similare al sonetto metrico, prevede un’alternanza tra l’italiano ed un’altra lingua romanza. Infine nel Sonetto Incatenato, ogni verso è legato da rima interna.




Enrica Meloni
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