martedì 23 agosto 2011

Antitesi ed Ossimoro, consueti identici opposti.




L’opporsi, un agire sovente e costante nell’itinere esistenziale, tanto presente quanto spesso di netto stile ed apprezzamento secondo le modalità ed il contesto nel quale questo si manifesta. Comparabilmente alle forme comportamentali effettive, la contrapposizione diviene un elemento peculiare che si riversa raffinatamente anche nei testi scritti, loco predominante nel quale l’eleganza del suo rendersi noto si mostra nettamente valida. L’antitesi, concetto univocamente a se, privo di degni sinonimi, possiede la paternità creativa per eccellenza tra le svariate figure retoriche. Un’accurata analisi del suo costrutto palesa di gran lunga come nella semplicità, sia distintamente capace di riprodurre all’interno di un periodo sintattico un effetto alquanto insolito, dato dall’accostamento di due parole o frasi d’opposto significato. La differenza per quanto sia preminente, gratifica il lettore con un avvincente tono creativo inopinabilmente curioso nella sua bizzarria. Durante la lettura, taluni accostamenti oppositori potrebbero apparire estrosi, nel medesimo tempo rendono un’insolita riuscita del testo proporzionalmente alla stravaganza dell’autore, maggiore è la sua inventiva, paritaria diverrà la validità d’efficacia. Tale figura retorica si presenta in due tipologie, ovvero in veste di contrapposizione tra frasi ed in alcune casistiche anche in opposizione tra parole. Alcuni modelli d’antitesi sono leggibili in diverse opere letterarie, fonti inesauribili di queste acutezze creative. Vedasi la maestria del Carducci “Breve e amplissimo carme, o lievemente co 'l pensier volto a mondi altri migliori l'Alighier ti profili o te co' fiori colga il Petrarca lungo un rio corrente”; (Al sonetto, vv 1-4), palese esempio di come la contraddittorietà esprime una decisiva eleganza sul testo. L’antitesi è da definirsi allegoricamente come la “ genitrice” d’una seconda figura retorica, la quale è denominata Ossimoro, similmente alla prima, la seconda consiste nell’accostare due termini in forte contrasto tra loro. La divergenza consiste nel fatto che l’ossimoro implica che i due termini siano inadattabili ed inconciliabili, con la caratteristica che uno dei due possegga una funzione decisiva nei confronti dell’altro come ad esempio nei casi in cui vi sia presenza di verbo ed avverbio, soggetto e predicato, sostantivo e aggettivo. Spesso l’utilizzo dell’ossimoro diviene necessario nel momento in cui la lingua italiana non preveda l’esistenza d’alcuni termini o vocaboli, o perché le sue regole, vincolate da determinati formalismi debbano contraddire se stesse affinché possano indicare alcuni concetti particolarmente intensi. Giacomo Leopardi nel suo componimento L’infinito ne rileva alquanto professionalmente l’essenza, nettamente espressa al meglio al termine dei suoi versi, ove “E 'l naufragar m'è dolce in questo mare” divenne incontestabilmente un successo poetico d’altri tempi.





Plasmabile nell’assente materia informe,



forgiata nell’ indeformabile clinamen di quel che mai fu.



Generata ed inesistente, fu lei, santificata nella dannazione del creato.











Iraconda e quieta crebbe,



lussureggiante nell’idioma corporeo, attraverso il quale ogni movenza sussisté immobile.



Un dissetarsi siccitoso.











Discepola d’una sterile stirpe, effetto d’una mortal nascita.



Laidezza bonaria d’ogni furba ingenuità.



Bipolare estro dall’eco riverso nel non sense di risposte prive di domande.









( Enrica Meloni)
Licenza Creative Commons
Enrica Meloni, poetica della quotidianità by Enrica Meloni is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
Based on a work at
enricameloni.blogspot.com.
Permissions beyond the scope of this license may be available at
http://enricameloni.blogspot.com/.





Nessun commento:

Posta un commento