venerdì 7 ottobre 2011

Recensione sulla poetica di Maurizio Olla



 Gebel Musa



Tremila cinquecento settanta gradini.

Li salgo uno alla volta e per ognuno

ricordo, grata, il monaco che l’ha modellato.

Attorno a me una folla variopinta di suoni odori respiri:

un uomo in una prova di forza

vuole ancora dimostrare

qualcosa a se stesso e agli altri

o così crede.

Ragazzi impegnati

in una goliardica scampagnata notturna.

E cammelli che parlano

a ogni pietra del percorso

che sostiene il loro incedere.

Lascio andare tutti, resto sola,

solo un monaco muto accanto a me

      snocciola il suo rosario.





Gebel Musa, una stesura dal carattere orientaleggiante. Una discorsiva poetica che risalta sulla pagina 32 dell’opera Angel Noir. Statale Editrice 2011. Pagine 57. Euro, 10,00. Autore del testo è Maurizio Olla, chimico , nato il 17 Ottobre del 1970, già noto per la precedente silloge poetica A piedi nudi nella notte. Edizioni Sardegna da scoprire, 2001 . Olla rende pregno il suo stile d’aspetti incisivi, tra i quali la presenza ed enunciata figura femminile, variabile costante dei suoi versi e le emozioni tratte da questa notevole presenza che tacitamente ne incide le sensazioni durante la lettura. Nulla è casuale, la singolarità d’ogni scritto, conduce ad un determinato luogo, firma indelebile nel piè d’ogni poesia.







Un componimento di sedici versi, un’implicita musicalità palese nell’utilizzo d’una strofa libera, non strutturata nella norma della regola poetica, bensì nella spirituale stesura d’un narrare non diretto dell’autore, come consono stereotipo della poetica, ma palese soliloquio della stessa protagonista, essa matrice portante del contesto, bipartitasi in un dualismo nel quale diviene agente ed atto narrato. Non una carnalità femminea in atto, ma quest’ultima diviene un avvincente e subliminale mezzo allegorico, per dar voce ad un loco d’ispirazione narrativa, metafora d’una nomea leggendaria, efficacemente composta nell’intento di render l’ambiente descritto come la personificazione primaria dei fatti svoltesi nel proprio suolo. Gebel, comparabilmente ad un’icona materna, chiarificata attraverso gli eventi mutuati nel suo grembo, concepisce in sé vicende, frammentarietà quotidiane che d’essa né rendono come quasi una plasmabile forma corporea. Non un sol altipiano, non un lascivo sterrato d’arena infertile, ma un rigoglioso congiungersi d’eventi che di essa dona la reale sensazione di vita. Una rivincita berbera, attraverso la quale vi si cela la rimostranza che seppur nell’angustia della precarietà nulla diviene impronunciabile ed invivibile.



 L’instancabilità delle genti riversa la sua natura non desolata nel quarto verso “ attorno a me una folla variopinta di suoni odori respiri”, altro aspetto ribadito nel nono verso “ ragazzi impegnati”, il quale inaspettatamente diviene anche stilisticamente interessante, giacché inarcandosi nel decimo, è concluso con un enjambement “ in una goliardica scampagnata notturna”. Un poetar quello del Olla, che riconduce nella prima fase del testo ad un’impostazione quasi decodificata del Montale, un percorso impegnativo: il simbolismo dei gradini, uno scalar d’eventi, vicende da vivere e carpire nel contenuto.



 Non casuale l’assenza di punteggiatura nel primo verso, giacché il processo del crescere è presentato come un iter graduale, sviluppato nei suoi contorni e mai come mero elenco di fatti. In virtù di questo anche l’immaginario dello scalare, nello specifico, in un altipiano d’oriente, il quale quest’ultimo assume un netto protagonismo nel ruolo portante del procedere. Similmente ad una madre, Gebel concede la partenza dei figli suoi, il periodo “lascio andare tutti”, presente nel quattordicesimo verso n’è rilevante nota. Un paragrafo d’esistenza vissuta s’un suolo dall’acre apparenza ma dalla magnanima emozionalità. Uno scenario suggestivo, sublimato in una ritmica spezzata, un racconto incisivamente chiarificante d’una realtà spesso esautorata dalla sua nota emozionalità.





ENRICA MELONI

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