venerdì 30 settembre 2011

Recensione Poesia: O mia poesia,salvami di Alda Merini-








O mia poesia, salvami

O mia poesia, salvami,
per venire a te

scampo alle invitte braccia del demonio:
nel sogno bugiardo
agguanta la mia gonna la sua fiamma
e io vorrei morire
per i mille patimenti che m’infligge.
Nulla vale la durata di una vita
ma se mi alzo e divoro
con un urlo il mio tempo di respiro,
lo faccio solo pensando alla tua sorte,
mia dolce chiara bella creatura,
mia vita e morte,
mia trionfale e aperta poesia
che mi scagli al profondo
perché ti dia le risonanze nuove.
E se torno dal chiuso dell’inferno
torno perché tu sei la primavera:
perché dunque rifiuti me germoglio,
casto germoglio della vita tua?

Alda Merini, tratto da “ Vuoto d’amore”

Madre evasiva, pargola d una remota contemporaneità, formatasi nel combattivo contesto d una Milano assorta tra i bombardamenti e le elemosine carnali, offerte da un esercito portatore di cibarie e colmatore d una fame italica, durante la quale le stesse sottane adolescenziali s’alzarono in un atto commiserevole imprecando un umile sfamarsi. Lei, mai protagonista ma testimone, nata in quella combattuta località meneghina il 21 Marzo 1931, annovera negli anni della sua crescita, un netto ripudio verso il masochismo d una dignità femminea, corrosasi nello scempio del suo stesso gratuito donarsi. Vissuta nella mediocrità d un turpe contesto sociale, dilaniato da una delirante carestia, si protrasse verso la ricerca d un riscatto morale e non. In lei incombette l’avvento d un Io stabilmente quieto, riuscito poi a coronarsi attraverso il legame matrimoniale con Ettore Carniti, instancabile lavoratore ma poco incline allo spirito poetico della stessa Alda. Un connubio procreante quattro figlie, le quali queste ultime, subirono le insoddisfazioni e gli inappagamenti esistenziali materni. Un amore vissuto nella bipartizione d una incompleta completezza, paradossalmente dilaniato dai molteplici enigmi della stessa autrice. Protagonista e vittima, nello sventurato rapporto con il manicomio, evento che impresse nella stessa Alda un’ode d una tortura mai spenta, ripresentatosi a lei per ben due volte come due furono i rivolgimenti che la condussero a perder anche un secondo riscattato amore, quello del medico- poeta Michele Pierri, al decesso di quest’ultimo, morirono anche le sue speranze d’amore, restate irrisolte ed enigmatiche, rimaste accese anche quando il 1 Novembre 2009 sussurrò il suo ultimo respiro ante mortem. Una voce imperitura, solidale nel profetar il sostegno al debole e condannar la mancanza d’amore nelle egoistiche caste emotive dell’umanità, cullata da una sola poetica che per lei divenne unico ed irrinunciabile sostegno.



O, mia poesia, salvami, componimento poetico, tratto dall’opera Vuoto d’amore. Einaudi, 1991. Collezione di poesia, pp. 140. Euro 11,00. L’opera presenta una raccolta di componimenti inediti suddivisi in ordine cronologico. Si esenta da ciò l’ultima raccolta Terra Santa, pubblicata da Scheiwiller editore nel 1984. La singolarità d’ogni componimento annovera la stesura biografica dell’autrice, la quale presenzia sovente tra i versi, contemplando il suo vissuto attraverso una frammentarietà d’eventi decisivi, attraverso una lineare e nitida elencazione dei suoi turbolenti stati d’animo.



Analisi


Il componimento pone in rilievo i 20 versi sui quali è strutturato. L’arbitrio espressivo e disarmante della Merini evidenzia lo spirito libertario anche attraverso l’utilizzo della stessa strofa libera, caratteristica frequente nella poetica contemporanea. Un pluralismo di stati d’animo, riverso anche nella mancanza di rima, peculiarità che pone in evidenza il protagonismo del verso sciolto, mai minuziosamente prevedibile, quanto invece poeticamente appagante. Le tipologie di versi concedono lo sfoggio di parole piane e sdrucciole, con la prevalenza delle prime. Il testo non prevede una precisa strumentalizzazione di suddivisione in sillabe, ma varia disomogeneamente, prediligendo però l’utilizzo del quinario e del senario, emergenti tra le diverse suddivisioni sillabiche, nelle quali l’accento ricade non fortuitamente al principio e mai al totale termine del verso, come quasi ad indicare quel margine di speranza che presente nel proprio vissuto va a riflettersi anche nello scritto con un’accezione di fiducia nel proseguimento del proprio cammino esistenziale. Uno stile apparentemente semplicistico, ma rimarcatamene complesso nelle conflittualità morali dell’autrice. La struttura del componimento si riversa in una ritmicità calma ma alternativa ad ossessività, aspetto appurabile anche nelle regole della ritmica poetica italiana, le quali contemplano questa caratteristica, frequentemente presente negli scritti della stessa poetessa.



Finalità


Il contenuto è da considerarsi fregiato d un solo quesito, quello per mezzo del quale la stessa Merini si cruccia per l’ancora mai raggiunta pace esistenziale, palese è la richiesta d’aiuto nel verso iniziale “O, mia poesia, salvami”.La poesia, vivo strumento di salvezza, metodo risolutivo d’assistenza empirica alle angosciose turpitudini della mente e del cuore. Unico personaggio, se stessa, ambiguamente sola ma ossessionata dalla natura di svariate esternalità che di lei fecero un’anima tormentata, carpibile dalla conclusione “E se torno dal chiuso dell’inferno
torno perché tu sei la primavera”. Un principio ed una fine che imprimono la fragilità d una donna, combattuta, stravolta ma mai vinta. Assente la sua disfatta, giacché in diatriba con la compulsiva ricerca di riscatto, potenzialmente ottenibile attraverso la magistrale intensità del poetare.





ENRICA MELONI
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