lunedì 17 ottobre 2011

La litote, uno stile di moderazione




Anche la struttura poetica annovera nel suo esprimersi elementi di moderazione, capaci di riuscire a render palese una caratteristica attraverso l’espressione del suo contrario, strumentalizzando cosi aggettivi divergenti che appaiano efficaci nel render comprensibile un concetto mai esplicito né assoluto. Tale metodica, consuetudinaria dell’arte poetica è denominata Litote, una figura retorica mediamente utilizzata involontariamente, dal momento che giornalmente rientra nella naturalità del linguaggio comune. Sostanzialmente nella sua implicita funzione concede al lettore di risalire ad un vocabolo o concetto chiave che per ovvi motivi l’autore tende a non render esplicito, ma lascia che la trascrizione del suo opposto possa render comunque chiara la caratteristica del sostantivo in questione apparentemente occultata. Tale figura diviene mediana efficace tra un soggetto specifico narrato e l’elemento distintivo che lo rappresenta, non essendo mai quest’ultimo definito in maniera nettamente esplicita ed incondizionata. La comprensione di modelli pratici, rappresentanti l’effetto derivato dall’utilizzo della Litote sul testo poetico, è visibile in uno svariato patrimonio di fraseggi, versi moderatori che al loro interno includono qualità subliminali, all’apparenza celate ma nel medesimo tempo alquanto chiare e percepibili. Un esempio tratto dalla classicità poetica è leggibile tra le strofe del Foscolo, il quale nel suo componimento a Zacinto strumentalizza la figura retorica in questione, riuscendo elegantemente a render chiaro un concetto pur senza sbilanciare chiaramente il suo enunciare, il passo “ onde non tacque”, diviene soddisfacente rimostranza del come la negazione abbia potuto indicare invece un atto compiuto, giacché in tal caso, il non tacere divenne sinonimo del parlare. Una tecnica tanto arguta quanto infallibilmente adorna di caparbia stilistica. La litote non appare riconoscibile solamente attraverso l’utilizzo della negazione, bensì essa è manifesta in altre peculiarità, come l’attenuazione di un concetto, l’enfasi dello stesso o nei casi più articolati diviene eufemismo ed ironia. In primis, qualora essa esprimesse l’accezione enfatica, lascerebbe trasparire alla lettura un’immediata percezione della finalità d’intento e d’un mostrare un qualcuno o qualcosa. La si consideri un esibizione di natura sintattica, finalizzata a dar rilievo ad un concetto, ostentandone il suo significato ed i suoi effetti. L’enfasi non è solamente un elemento poetico, questa ha la sua valenza anche nel linguaggio parlato, la tonalità della voce la rende riconoscibile quando l’interlocutore desidera porre in evidenza la condizione o l’importanza d’un evento o d’un qualcuno; affermazioni come “ Quella si che è vita” o “ La fede non è utopia” sono chiari modelli atti ad indicare l’importanza, il pregio o la fattibilità di un determinato soggetto, evento, contesto o semplicemente oggetto. In secondo luogo, la Litote utilizzata in chiave eufemistica, indirizza la sua funzionalità verso un unico e specifico intento, ossia, quello di attenuare un’espressione sostituendo degli aggettivi pesantemente negativi o dispregiativi con altrettanti che abbiano la capacità di descrivere la contestazione del sostantivo in questione, senza però attribuirgli un giudizio esageratamente offensivo. Esempio della quotidianità è da ricercarsi in affermazioni come “ nuclei familiari poco abbienti”, “ una politica che lascia a desiderare”, in queste due frasi si denoti come l’eufemismo riesca ad attenuare la negatività dei contesti. Anche la figura eufemistica possiede una sua forma divergente, denominata Disfemismo, quest’ultimo concede all’autore di utilizzare parole sgradevoli o addirittura volgari per definire qualcuno o qualcosa, ma in senso totalmente affettuoso ed ironico, da non confondersi con l’Ironia, figura retorica tramite la quale si enfatizza una marcata verità attraverso l’utilizzo di una locuzione che dimostra l’esatto opposto della realtà o nel caso più frequente palesa sminuendo un legame di fatto.





Oh quel sacral impero, quello si che fu clamore,



amore di pena sconosciuta,



potenza che mai perdette battaglia.



Lor, soldati dalla sconosciuta lentezza del passo,



divennero frugali discepoli della gradual vittoria.



Si che quel fu storico agire,



anima d’un trono dal meritato incoronare,



tripudio d’un sovrano che non fu re



ma popolo ad esso stesso imperatore.





( Enrica Meloni)
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