venerdì 4 novembre 2011

Il Sonetto


IL SONETTO.





Le differenti tipologie poetiche, annoverano una particolarità di componimento breve, denominato Sonetto. La sua tipicità è riconducibile al patrimonio letterario italico, ed il suo contenuto compatibilmente all’etimologia del termine rimanda la sua peculiarità di base all’esser presentato in concomitanza ad un accompagnamento musicale. Il vocabolo, di derivazione provenzale enuncia in sé il concetto di suono, Sonet rappresenta la parola originaria, abitualmente reperibile e consultabile nei materiali di didattica poetica. La sua composizione è costituita da versi endecasillabi, formati a loro volta da due quartine, dette Fronte, trascritte secondo un preciso schema ritmico, esteso sulla base di rima alternata o incrociata e in due terzine, definite Sirm, le quali a differenza delle prime non seguono uno schema determinato di rima, ma questa varia a seconda delle esigenze dell’autore.



Benché il nome di tal tipologia compositiva non sia prettamente italiana, l’effettiva origine della struttura compositiva in sé, in realtà è da attribuirsi alla Scuola poetica Siciliana, nella quale Jacopo da Lentini né ideò la combinazione ritmica e stilistica.



L’origine del Sonetto, è databile al 1200, epoca della quale divergenti teorie enunciano proprie posizioni circa l’effettiva funzione del componimento. In alcuni casi lo stesso stile è oggetto d’una semplice modalità orecchiabile, mentre in altri è un vero e proprio lavoro di musica e testo non solamente poetico, bensì un autentico ed inconfutabile canto. Un divergere d’interessante dibattito, trovò Antonio da Tempo e Gian Giorgio Trissino, discordi, esponenti opinabili di entrambe le teorie che sino al 900, già enunciate d’altri pensatori non contrastarono comunque l’attività incostante degli autori dediti a questa tipologia d’arte.Una terza critica è quella di Niccolò Tommaseo, austero sostenitore della Teoria degli Strambotti, ovvero, secondo la sua tesi, le sonet, non fu altro, se non un modello compositivo, nato dall’unione d’altri due componimenti, detti Strambotti, composti da due ottave, con la caduta dell’ultima coppia di versi. La ritmicità del componimento muta attraverso il suo sviluppo nel tempo. La rima, utilizzata originariamente fu quella alternata, mentre Dante Alighieri introdusse quella incrociata, infatti il Dolce Stil Novo è la più esemplare forma di spiegazione documentabile ed appurabile, attraverso la quale sono leggibili quartine che palesano questo elemento innovativo.



“Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare”.



In verità l’argomentare sul sonetto prevede una corposa e certosina esposizione, data la molteplicità delle sue varianti non per nulla semplici, ma arduamente ideate su basi stilistiche di precisa minuzia. Si pensi al Sonetto rinterzato, concepito presumibilmente da Guittone d'Arezzo. La sua peculiarità si basa sui settenari, inclusi in seguito ai versi dispari delle quartine e il primo e il secondo verso delle terzine.Il secondo caso è rappresentato dal Sonetto continuo, nel quale le rime delle quartine sono rilanciate anche dalle due terzine.



 Altra variante è appurabile nel Sonetto ritornellato,  è un sonetto che presenta al termine un endecasillabo in rima con l'ultimo verso, denominato “ritornello”o un abbinamento di versi endecasillabi a rima baciata che non riprendono le rime del sonetto, chiamate “doppio ritornello”.Come quarta forma di sonetto, è doverosamente irrinunciabile il Sonetto Doppio, il quale presenta un settenario successivo ad ogni verso dispari delle quartine e dopo il secondo delle terzine . Oltre alle citate  caratterizzazioni del Sonetto, vi sono anche quelle del Sonetto minore e minimo, nei quali il poeta è solito comporre, utilizzando versi di minor lunghezza, rispetto agli endecasillabi, mediamente ricorrendo ai settenari. In presenza di versi assolutamente assai brevi come i quinari, il componimento è detto "minimo".



Il Sonetto caudato invece, presenta l’aggiunta di una coda, composta  da un settenario in rima con l'ultimo verso del sonetto, e un distico di endecasillabi a rima baciata. Per ogni coda successiva alla prima il settenario rima con l'ultimo verso della coda precedente. Non è prevista una lunghezza specifica della coda, si va da tre versi a molte decine; l’eccessiva lunghezza della stessa venne  denominata "sonettessa". Oltre a queste tipologie vi è la Corona di sonetti, la quale è in sé un componimento composto dall’unione di diversi altrettanti sonetti, i quali vertono sul medesimo argomento. Nelle corone più estese e contorte, il sonetto è impiegato come se rappresentasse la stanza di un poema.

Il percorso sul sonetto proseguirà la prossima settimana con l’analisi delle sue ulteriori varianti minori.
ENRICA MELONI
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