giovedì 29 settembre 2011

Saffiche matrone






Solennità d’un trascorso menarca, subliminale inconscio d’egregi seni.

Ninfea d’un plebeo e magnanimo rifiorir di purpuree labbra.

Indomati verbi come alfa d’ebbri sarcasmi.




Giocosità indemoni, voluttuosità d’arzilla foce.

Mani smaniose, operose nella creatività d’invitanti velli.

False vestali, sospiri di consorti d’una glorifica emancipazione.




Ore tarde nella mensa dei loro preamboli.

Preliminare nitido di salari corporei riversi nel degno Purgatorio.

Ara dal divin calzario, romanità retrograda nella veemenza della mondanità.




Cibate d’acini superbi acclamano il bramante inno.

Verecondia, mai perpetua, complementare all’osare celato sulle chiome dell’onda naufraga.

Altezzosità di calici innalzati all’ostensorio del piacere.




Manifesta eleganza sui gradini d’usci d’ossequio.

Loro, mai villane, ma villiche disperse, van nel vaneggio dell’aere corporeo.

Allegoria al martirio d’un schernito puritanesimo.


Apprestanti al trapasso verso l’Epifania del darsi.

Donate donanti sul suolo del reciproco porgersi, dan labbra mute ma avvincenti.




Tra mature età s’accingono a sproloquiar peccaminosità.




Silenti, madonne impertinenti, donan ai testimoni d’eventi mani virtuose nella pregevole orgia.

Illibate menti, mai virginee, ma libere in atri sconosciuti ad inferriate leggendarie.

Ignare di galere latenti, cantan vita all’espresso corpo offerto alla sinuosità dell’oltre.

Impavide figlie d’echi sbeffeggianti, furono loro, le saffiche matrone dall’ascia dell’Io vivente.


( Enrica Meloni)

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